Franchising Advisor » Aprire in franchising » Il contratto di Franchising: durata, rinnovo e recesso

Il contratto di Franchising: durata, rinnovo e recesso

contratto di franchising

Il contratto di Franchising è stipulato a tempo determinato, ossia prevedendo una scadenza decorsa la quale il contratto esaurisce la sua validità. Secondo la Legge 129/2004, l’affiliante deve in ogni caso garantire all’affiliato una durata minima e mai inferiore a un periodo di 3 anni che garantisca l’ammortamento dell’investimento.

Il contratto di Franchising è un accordo commerciale tra una società o imprenditore, chiamato Franchisor, e un altro imprenditore o società, chiamato Franchisee.
In pratica, il Franchisor concede al Franchisee l’utilizzo di brand, conoscenza, consulenze, formazioni e altri beni materiali o immateriali dietro il pagamento di una quota fissa (diritto di entrata) oppure quote periodiche (royalties) stabilite in base al giro d’affari dell’affiliato.
Un esempio di Franchising è una catena di supermercati che concede agli aspiranti affiliati la possibilità di vendere i propri prodotti in tutto il mondo tramite dei punti vendita.

La durata di un contratto di Franchising viene concordata secondo la libertà contrattuale di entrambi i soggetti coinvolti, e questo anche in funzione di un eventuale rinnovo del contratto. Terminata la durata iniziale del contratto di franchising, a seconda delle clausole sulla durata presenti nel contratto, possono verificarsi diverse eventualità.

Nei contratti a tempo determinato le parti coinvolte non hanno la facoltà di recedere liberamente, a meno che ciò non sia espressamente previsto dal contratto. Generalmente nel Franchising, i contratti non permettono un recesso anticipato da parte dell’affiliato, o se lo permette lo fa solo a determinate condizioni.

Se invece l’affiliato vuole recedere anticipatamente dal contratto, anche ove manchino i presupposti contrattuali, questo deve disporre di un’adeguata consulenza legale per evitare responsabilità anche gravi nei confronti dell’affiliante.

Ti potrebbe interessare anche la lettura di: Franchising Corner, cosa significa e quali sono i vantaggi

Quanto dura un contratto di Franchising

I contratti di Franchising sono generalmente stipulati a tempo determinato. La durata contrattuale non è totalmente a discrezione della libertà contrattuale dei soggetti coinvolti. La Legge 129/2004, art. 3, comma 3 prevede che vi sia una durata minima di almeno 3 anni, sufficiente a garantire all’affiliato l’ammortamento dell’investimento. Questo avviene a tutela del franchisee, per evitargli eventuali minacce, da parte del franchisor, di esercitare il diritto di recesso o di non rinnovare il contratto.

Nel caso in cui l’ammortamento dell’investimento richieda un periodo di tempo superiore a 3 anni, allora la determinazione della durata minima del contratto in quel caso può dipendere dalla libertà delle parti, e ciò succede molto frequentemente.

Invece, nel caso le parti concordino una durata temporale inferiore ai tre anni, ciò va in contraddizione con la norma sopracitata, e dunque determina la nullità di un’eventuale clausola in questo senso. Ne deriva che, se il franchisor sospende l’adempimento del contratto prima del termine stabilito per il rientro dell’investimento per il franchisee, è tenuto verso quest’ultimo al risarcimento danni. Nel caso contrario, il franchisor non incorre in nessuna responsabilità, in quanto il contratto può definirsi legittimamente cessato per decorrenza dei termini temporali.

Leggi: Franchisor e Franchisee, chi sono e di cosa si occupano

Il rinnovo del contratto

Stabilire la durata del contratto di Franchising è fondamentale per l’affiliato, soprattutto allo scopo di:

  • determinare se e quando riuscirà ad ammortare l’investimento in relazione al fatturato;
  • stabilire il termine in cui cesserà il suo status di affiliato o lo svolgimento di ogni attività concorrente per almeno un anno a partire dalla scadenza del contratto (salvo l’inserimento nel contratto di un patto di non concorrenza post-contrattuale).

Terminato il primo periodo di durata del contratto, ovvero almeno 3 anni, si verificano varie eventualità a seconda delle relative clausole fissate in fase di sottoscrizione.

Può succedere che il contratto preveda solo la durata iniziale e null’altro. In questo caso, con la scadenza il contratto cessa in automatico, a meno che le parti non si accordino per prorogarne la durata. L’affiliato in ogni caso non ha alcun diritto al prolungamento del contratto, vi dev’essere comunque un meccanismo di rinnovo previsto da contratto.

In tal caso il franchisor, alla scadenza, potrebbe rimodulare i termini contrattuali da una posizione di prevalenza, perché si suppone che il franchisee sia disposto ad accettare qualsiasi nuova condizione piuttosto che affrontare la cessazione del contratto.

Un’altra ipotesi è che il contratto preveda un rinnovo automatico per dei periodi che possono anche essere illimitati nel tempo, salvo disdetta del contratto entro un determinato periodo precedente la scadenza che ne impedisce il rinnovo. In questo caso, se nessuno dei soggetti coinvolti invia all’altro la disdetta, il contratto si rinnova automaticamente con le medesime condizioni giuridiche ed economiche dell’inizio, salvo che le parti non stipulino accordi differenti.

Spesso può accadere che il rinnovo del contratto sia subordinato a delle condizioni che ne consentano una proroga. Per esempio sono molto diffuse le clausole che indicano una scadenza entro la quale il franchisee deve manifestare la sua volontà di prolungare il contratto e la facoltà da parte del franchisor di accettare, previa valutazione del raggiungimento di determinati obiettivi e parametri o della corretta osservazione e adempimento degli obblighi contrattuali.

In questi casi l’affiliato non può fare affidamento su un rinnovo automatico del contratto, ma è tenuto comunque ad accettare, con scarso o nullo margine di contrattazione, le nuove condizioni contrattuali proposte dal franchisor. L’affiliato inoltre deve spesso sottostare all’obbligo di versare una fee di rinnovo al franchisor, anche se di solito è inferiore a quella versata inizialmente.

Potrebbe esserti utile la lettura di: Quanti tipi di Franchising esistono?

il contratto di frnahcising durata rinnovo e recesso

Il recesso del contratto

Il recesso è la facoltà di porre fine al contratto in una data anticipata rispetto a quella di scadenza per volontà di una delle parti e a prescindere da un ipotetico inadempimento dell’altra parte e senza che vi sia la necessità di fornire alcuna giustificazione.

Nel caso di contratto di Franchising a tempo indeterminato, ognuna delle parti può recedere in qualsiasi momento a patto che fornisca un giusto preavviso, che sulla base della Legge 129/2004 che prevede una durata contrattuale minima di 3 anni, dovrebbe comunque avvenire prima di tale termine.

Dunque, se il franchisor ha volontà di recedere dal contratto, deve fornire al franchisee un preavviso che gli consenta comunque l’ammortamento dell’investimento, in quanto diversamente il recesso è da considerarsi illegittimo.

Se le parti non hanno previsto un adeguato termine di preavviso e nasca una controversia al riguardo, interverrà il giudice per stabilire tale termine valutando numerosi parametri.

Nel caso non vi sia stato un preavviso o questo non sia stato sufficiente, il recesso può essere comunque considerato valido, ma la parte che ne esercita il diritto è tenuta a risarcire i danni all’altra parte. Se recede senza idoneo preavviso il franchisor, questi verserà al franchisee i mancati utili netti legati a quel periodo e di tutte le spese legate all’organizzazione e alla promozione delle vendite in previsione della maggior durata del contratto.

Nei contratti di Franchising a tempo determinato, quelli più diffusi, le parti non possono esercitare liberamente la facoltà di recesso, ma solo se questa è espressamente prevista nel contratto.

Solitamente nei contratti di Franchising non è contemplata la facoltà di recesso anticipato per il franchisee, in quanto il franchisor è interessato a vincolarlo per tutta la durata del contratto, oppure prevedono per il franchisee la possibilità di recedere solo a patto che si verifichino determinate condizioni.

Frequentemente accade che il franchisor voglia riservarsi la possibilità di recesso, ma in ogni caso ciò non annulla la durata minima del contratto prevista dalla Legge 129/2004.

Se invece l’affiliato volesse recedere anticipatamente dal contratto per i motivi più disparati, deve avvalersi di una valida consulenza legale per evitare eventuali responsabilità nei confronti del franchisor. Un recesso ingiustificato può costargli il risarcimento per danno emergente e lucro cessante nei confronti del franchisor. In questo senso il legale medierà per trovare un accordo tra le parti in merito ad uno scioglimento anticipato e consensuale, accordo che dovrà poi essere redatto in ogni minimo risvolto.

Vi è un altro caso frequente, nel quale, nonostante l’avvenuta scadenza del contratto di Franchising a tempo determinato, le parti mantengono la loro relazione commerciale, trasformando automaticamente il contratto a tempo indeterminato, secondo il quale le parti possono recedere anche senza la necessità di un preavviso.

Il regime fiscale del Franchising

Il regime fiscale del Franchising prevede che il Franchisor registri tra i ricavi il diritto di ingresso e le royalties che il Franchisee versa periodicamente. Quest’ultimo sarà tenuto a iscrivere le royalties e il diritto di ingresso tra le spese.

Se il diritto di ingresso è legato a beni o servizi con utilità pluriennale, andrà spalmato su più esercizi come oneri pluriennali.

Per quanto riguarda l’aspetto dei beni immateriali, il Franchising fa parte della categoria delle prestazioni di servizi. Per questo motivo, sia l’IVA che l’imposta sul reddito prodotto verranno applicati in base a quanto stabilito dalla normativa vigente, ossia dal regolamento “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto” e dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Oltre ai beni immateriali, il Franchisor potrebbe concedere anche dei beni materiali, ossia: macchine, arredi, accessori e altro.

Questa concessione viene fatta utilizzando diverse formule commerciali, come comodato o vendita. L’Iva, in questo caso, viene applicata sul compenso percepito, con il Franchisee che potrà poi scaricarla. Dopo l’aspetto fiscale, vediamo adesso quello contabile.

Gli aspetti contabili del Franchising

Gli aspetti contabili in un contratto di franchising riguardano il diritto d’ingresso e una royalty mensile. In molti casi è così, ma ci sono delle eccezioni.

Nel caso di un’agenzia di viaggio, l’unico interesse del Franchisor è vendere molto velocemente i pacchetti vacanza acquistati.

Quindi, onde evitare di mettere eccessivi vincoli al Franchisee, non chiede né l’una e né l’altra. In fondo, il Franchisee è una mera figura di intermediario, che guadagnerà una percentuale sul pacchetto venduto.

Invece, discorso diverso per le agenzie immobiliari. Il Franchisor, di solito, richiede sia il diritto di ingresso, il quale è proporzionato all’estensione e storicità del brand, che la royalty mensile, la quale può assumere la forma di una quota fissa oppure di una percentuale sul fatturato.

Discorso diverso per l’affiliazione a una società di produzione, come un negozio di abbigliamento o di intimo. Siccome l’interesse del Franchisor, in quanto vero produttore, è di creare vari punti vendita per vendere ciò che produce, il diritto d’ingresso non viene chiesto o, in caso contrario, deve essere quasi irrisorio. Stesso discorso vale per la royalty. 

Le affiliazioni a grossisti di telefonia, distributori automaticilibrerie, ecc. prevedono un diritto d’ingresso in proporzione alla fama del brand.

Per le royalty, invece, sono previste 3 possibilità:

  • una royalty fissa ogni mese;
  • una percentuale sul fatturato;
  • una percentuale sul fatturato, ma con un minimo garantito.

Siccome il Franchisee è un soggetto giuridico, deve aprire una partita IVA. Poco importa, poi, se decide di costituire una ditta individuale o una società.

Per quanto riguarda la tipologia di partita IVA da aprire, tutto dipende dal tipo di attività di franchising, dal volume di affari annuale, se l’affiliazione è individuale o con soci.

In generale, se è previsto un fatturato lordo non oltre i 150.000 euro, una ditta individuale sarebbe l’ideale, se si hanno uno o più soci, ma anche una SRL, che prevede costi minimi per la costituzione e può essere un vantaggio nel caso in cui il fatturato risulterà essere maggiore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *